Torna varie volte il nome di Lissone nell’inchiesta appena conclusa dalla Direzione Antimafia di Milano intorno alle infiltrazioni della ‘ndrangheta in alcune attività commerciali e finanziarie brianzole.
Anzitutto per la cittadinanza lissonese di alcuni dei fermati, titolari di imprese (i fratelli Alessandro e Nicola Fazio, Vincenzo Strazzulla) e commercialisti (Antonino Ferraro), accusati di aver creato un giro di fatture false per creare fondi neri a disposizione di una cosca siciliana.
Poi come luogo dove si sono svolte le operazioni illecite e gli scambi di denaro.
Quindi per la residenza di un anonimo maresciallo della Guardia di Finanza, che avrebbe passato informazioni riservate ai malavitosi.
Infine per la citazione di Gabriele Volpe, vecchia conoscenza della nostra politica e tuttora candidato per la lista di Forza Italia, di cui in alcune intercettazioni gli arrestati millantavano la conoscenza come possibile aggancio per ottenere la gestione del Centro Sportivo Palaporada di Seregno da parte di Aeb spa (di quest’ultima società Volpe, che comunque non è indagato, è consigliere di amministrazione).
A leggere le carte dell’inchiesta si ha un’idea, da una parte, della ramificazione incredibile ormai raggiunta dalla mafia; dall’altra, dell’abilità dei malavitosi nel gestire operazioni finanziarie complesse.
Mentre invece ci sono strumenti ancora insufficienti per controllare la provenienza del denaro che permette tanti investimenti in esercizi pubblici, anche nella nostra città.
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