Ormai è chiaro a tutti che i social media evidenziano i lati peggiori della nostra società: ciò che prima si diceva – goliardicamente, forse – nei bar o tra amici di bassa levatura, ora lo si scrive sui social, nella speranza di catturare qualche “like” in più. I social come finestre virtuali sul mondo reale e che mostrano, per lo più, cattivi esempi e beceri insegnamenti: un abuso più che un uso.
Lo si vede nei commenti, spesso senza senso o in malafede, che mirano a giudicare ed aggredire una persona, una realtà – anche politica – un ruolo. Il “cyberbullismo” o, alla nostrana, i commenti dei “leoni da tastiera”, offendono, denigrano, insultano senza concedere spazio alla difesa. Questi “leoni” – giovani o vecchi non importa – scrivono, domandano, rispondono (sono esperti di tutto!) e “colpiscono”. Allora spesso molti reagiscono, ruggiscono, insultano, cavalcano l’onda, senza badare alle conseguenze che certe affermazioni o insulti possono provocare.
È uno stile al quale ci opponiamo fortemente: a noi piace invece discutere e approfondire, sempre nel rispetto delle convinzioni di ciascuno e soprattutto nel rispetto delle persone.
Purtroppo questa settimana un ex-assessore della giunta dell’ex Sindaco Ambrogio Fossati, si è esibito su Facebook esprimendo il suo (illuminato) parere sui partecipanti ad una trasmissione televisiva, utilizzando un linguaggio offensivo e discriminatorio. Naturalmente – come volevasi dimostrare – questo ha poi scatenato i commenti dei suoi “amici di Facebook”, commenti anche peggiori del post di partenza.
Ma come? Un uomo che – anche dopo l’incarico politico svolto – dovrebbe essere un esempio per la propria comunità, nel 2020 si permette di usare pubblicamente termini offensivi e dispregiativi? Noi siamo esterrefatti. Resta la domanda “Ma come è possibile?”.